Durante i sette giorni della festa di Succot ogni ebreo ha il dovere di trascorrere la maggior parte del suo tempo all’interno della succà.
Molti trasferiscono le loro abitudini casalinghe dentro la succà e oltre mangiare e bere, la usano anche dormire. La halakhà prevede che in essa si consumino almeno i pasti principali.
I Maestri della kabalà, ci dicono che durante quei giorni nella nostra vita casalinga sotto la succà, abbiamo il merito di ricevere sette ospiti d’onore chiamati Shivat ushpizin – sette ospiti.
Costoro sono i pilastri della nostra tradizione e sono: Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Mosè, Aharon e David. Ogni giorno, uno di essi è presente con noi per l’intera giornata fino al giorno di Hoshaanà rabbà, giorno in cui il Signore giudica definitivamente il nostro operato.
Qual è il motivo della visita di questi illustri ospiti?
La festa di Succot, cade esattamente a cinque giorni dopo Kippur (giorno in cui abbiamo espiato le colpe verso D-o, ma soprattutto abbiamo promesso di migliorare il nostro comportamento) e a sei giorni da Hoshaanà Rabbà (giorno in cui con affanno attendiamo il sigillo al nostro verdetto, sperando che sia benevolo).
Durante Succot ci rallegriamo per un annata piena di soddisfazioni materiali, è la festa del raccolto, quindi una forma di premio per ciò che di buono e di bene abbiamo fatto verso il nostro prossimo.
Questo benessere tuttavia non deve allontanarci mai dal riflettere su ciò che facciamo.
La presenza dei nostri ospiti deve mantenere sempre vivo il loro insegnamento; essi sono il ponte che ci lega alla Torà e al Signore che ci ha permesso di gioire del benessere che abbiamo ricevuto.
Quindi la succà e i suoi ospiti non sono altro che il simbolo della nostra precarietà e dell’esempio a cui dobbiamo attingere per iniziare un nuovo anno, all’insegna del rispetto per il nostro prossimo e del ringraziamento a D-o per il bene che ci concede.
Shabbat shalom e chag sameach
Rav Alberto Sermoneta
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