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l'usura

L’usura è l’attività per cui gli ebrei sono stati tanto denigrati nella storia, ed è la causa del pregiudizio antisemita che, nell’immaginario collettivo, li collega così spesso al denaro.  In realtà all’esercizio dell’usura gli ebrei furono condotti dalla società cristiana.

Nel 1215, il IV Concilio Lateranense, sotto Papa Innocenzo III, oltre a imporre agli ebrei un segno di riconoscimento che li distinguesse dai cristiani, li escluse dalle corporazioni e dagli uffici pubblici e vietò loro l’esercizio di qualsiasi mestiere. Permise loro, invece, l’esercizio dell’usura che considerava proibito ai cristiani in base al divieto biblico di prestare a interesse al proprio fratello (Levitico 25:35-36).

Il prestito a interesse rimase dunque una delle poche possibilità lavorative consentite agli ebrei. Dopo la battaglia di Agnadello (1508) anche grazie a questa attività, che soccorreva i poveri nelle loro necessità e al tempo stesso rimpinguava le casse della Repubblica, gli ebrei ebbero la possibilità di stabilirsi a Venezia, ma nella sola area ristretta del Ghetto.

La Serenissima regolò questa permanenza con una concessione (condotta) che veniva rinnovata con il pagamento di una tassa che di fatto depauperava l’intera comunità di quanto aveva guadagnato negli anni precedenti.

Nacquero così i 3 banchi di pegno del Ghetto. Nel 1573 i banchi vennero riorganizzati: da organismo privato, furono dati in appalto a banchieri ebrei controllati da una magistratura appositamente creata. Nel 1677, agli impiegati del banco di pegno si aggiunse uno scrivano cristiano (a spese della Comunità) perché controllasse le operazioni di prestito.

L’attività dei banchi di pegno era paradossalmente poco remunerativa. Innanzitutto, i prestatori non potevano rifiutare un prestito né posticiparlo per alcun motivo; inoltre, essi dovevano attenersi ai tassi di interesse imposti dalla Serenissima, cosicché spesso, per eccessiva esposizione, passavano dall’indebitamento al fallimento.

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