“La Serenissima Republica, non sol indotta al favorire, e sufragare la sua povertà da interessi humani, e di Stato, ma mossa da interni stimuli della propria Carità, fra gl’altri ottimi provedimenti di benignità, et esemplare pietà usata verso li bisognosi, fu ancora instituito, et imposto a gl’Hebrei, che con l’apritura de tre Banchi dovessero soccorrere a bisogni, et urgenze de poveri meschini, con utile solamente de cinque per cento all’anno” scrive Simone Luzzatto nel suo Discorso circa il stato de gl’Hebrei del 1638.
Nei banchi del ghetto nuovo, ridotti appunto a tre alla fine del Cinquecento e distinti in banco rosso, verde e “negro”, dai colori dei “bollettini”, corrispondenti alle insegne, la gran parte dei prestiti si basava o su impegno cum cartis o sul bene dato in garanzia e custodia.
I banchi erano collocati al pianoterra di edifici che sorgevano ai tre lati del campo, in posizioni che forse potevano consentire eccezionalmente anche l’accesso dai canali (le uniche aperture del recinto del ghetto verso l’acqua). Gli scaffali per la custodia degli oggetti invece si trovavano per sicurezza al primo piano.
L’espressione “andar in rosso”, che nell’estratto conto bancario indica un debito, sembra non possa avere, in questo senso, alcun rapporto con il banco ‘rosso’ del ghetto, la cui funzione era simile a quella degli altri due banchi.
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