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Leggi razziali e shoà

La Comunità Ebraica di Venezia, dopo l’emanazione delle leggi razziali del settembre 1938, e fino al 1943, visse un periodo difficile tra esclusioni e discriminazioni, prima sotto il commissariato di Aldo Finzi e, dal 16 giugno 1940, sotto la presidenza del professor Giuseppe Jona.

Gli eventi precipitarono anche a Venezia dopo l’8 settembre 1943. L’occupazione tedesca di Mestre e Venezia (9-10 settembre) segnò l’inizio della ‘soluzione finale’. Il 17 settembre il presidente della comunità, professor Jona, si suicidò per non consegnare le liste degli iscritti alla qehillà veneziana.

Il ‘manifesto programmatico’ e i decreti del novembre 1943 dichiararono gli ebrei stranieri di nazionalità nemica, prevedendo il loro arresto e la confisca dei loro beni. Alcuni ebrei riuscirono clandestinamente a rifugiarsi in Svizzera, a raggiungere località del sud d’Italia o a trovar scampo in case di campagna; altri vennero rastrellati dai militi della Repubblica Sociale Italiana, trattenuti in luoghi di raccolta (il carcere di Santa Maria Maggiore, la Giudecca, il Liceo “M. Foscarini”) e inviati poi a Fossoli, fino al luglio 1944, e, in seguito, a Bolzano e alla Risiera di San Sabba a Trieste.

Gli arresti e le deportazioni avvennero soprattutto tra i primi giorni di dicembre del 1943 (la razzia del 5 dicembre) e l’estate del 1944, ma proseguirono fino ai primi mesi del 1945. Particolarmente doloroso fu l’arresto dei 21 ospiti della Casa di Ricovero Israelitica, avvenuto il 17 agosto 1944: tra loro anche il vecchio rabbino Adolfo Ottolenghi, che volle seguire la sorte dei propri correligionari. Tutti vennero avviati in carri blindati per lo più ad Auschwitz-Birkenau.

Diciotto mesi durò la persecuzione nazifascista, durante i quali, malgrado i pericoli, la vita ebraica nel ghetto continuò, mentre non mancò, talora, l’aiuto dei non ebrei e della chiesa. Furono 246 gli ebrei veneziani catturati e deportati tra il 1943 e il 1944. Una lapide ricorda per sempre i loro nomi in Campo del Ghetto Nuovo, insieme al monumento che lo scultore Blatas ha dedicato alla Shoà.

Nella primavera del 1945 la Comunità iniziò la sua difficile ripresa. Dapprima un Comitato provvisorio, poi il nuovo Consiglio, presieduto dal cav. Vittorio Fano, avviarono lentamente a nuova vita il culto, la scuola, le istituzioni, l’assistenza. Con l’elezione di Elio Toaff a rabbino capo di Venezia, nell’ottobre del 1946, la qehillà veneziana riprese il suo secolare cammino.

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