Shabbat times
  • Candles lighting
    17:28
  • Three Stars for the end of Shabbat in Jewish Venice
    18:38
  • Torah Scroll
    Shabbat Mishpatìm
Shabbat times
  • Candles lighting
    17:28
  • Three Stars for the end of Shabbat in Jewish Venice
    18:38
  • Torah Scroll
    Shabbat Mishpatìm

-Parashà MISHPATIM-

Venezia Ebraica - Jewish Venice
- A cura di Rav Alberto Sermoneta -

PARASHAT MISHPATIM

Nella parashà che leggeremo questo shabbat sono riportate tutte quelle che nei Dieci Comandamenti sono chiamate mitzvot ben adam le chaverò (lett. “le regole fra l’uomo e il suo prossimo”).

Esse sono numerosissime e proprio per il loro vasto campo di azione i Maestri del Talmud hanno redatto la maggior parte dei trattati talmudici: Nezikin, Sanhedrin, Maccot, Bavà Kammà, Bavà Mezzi’à, Bavà Batrà ecc., partendo proprio dalle regole presentate nel corso della parashà di Mishpatìm.

Nel commentare i secondi cinque Comandamenti ci si rende conto che essi siano quelli più crudi, in quanto elencati in ordine di gravità dei danni, fisici e morali che un uomo può provocare al suo amico. Alla fine della III chiamata di Mishpatìm troviamo queste parole: «Quando presterai danaro a qualcuno del Mio popolo, al povero che è presso di te, non comportarti con lui come un vessatore e non esigere da lui alcun interesse. Se poi prenderai come pegno da lui la sua coperta, al calare del sole dovrai restituirgliela, poiché in essa consiste la sua unica copertura; è il vestito del suo corpo, con essa si coricherebbe? Quindi se si rivolgesse a Me gridando [di dolore] Io lo ascolterei, poiché Sono misericordioso» (Shemòt 22; 24-26).

Purtroppo più nessuno si preoccupa della sofferenza dell’altro, anzi, si pone verso di essa come se non lo riguardasse affatto, come se per lui fosse una cosa lontana. La mitzvà «Amerai il tuo prossimo come te stesso» (Vayiqrà 19; 18) è espressa in tutta la Torà una sola volta; eppure è considerata dai Maestri, la parte essenziale di essa.

Nel Talmud Bavlì, trattato di Shabbat 31°, troviamo scritto che:

«Hillel il vecchio era il capo del Sinedrio e una volta si presentò a lui uno straniero che voleva convertirsi a condizione che gli avesse insegnato tutta la Torà, nel tempo in cui si resiste astare in piedi su un solo piede. Il grande Maestro gli rispose: “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te! Tutto il resto è commento, va e studia!”[…]».

Rabbì Akivà sosteneva, sempre a proposito di questa mizvà (Amerai il prossimo tuo come te stesso) che questa è la grande regola della Torà. Su di essa poggia tutto il concetto della Torà stessa. Rabbì Shimon figlio di El’azar, sosteneva che essa, fu pronunciata nel momento di un importante giuramento da parte di D-o al popolo: Anì berativ – Io l’ho creato! (l’uomo) Se tu lo amerai e lo rispetterai, Io ti ricompenserò con una grande cosa, viceversa Io ti giudicherò per distruggerti.

Nel Midrash invece viene riportata una supplica da parte del Signore D-o al popolo;

«Il Signore rivolgendosi al popolo disse: “figli miei cosa è che voglio da voi? Io voglio che voi vi amiate e vi rispettiate l’un l’altro. Quali sono le strade del Cielo? Quelle in cui il Signore è misericordioso e usa questo attributo persino con i malvagi, Egli accetta la loro teshuvà e li alimenta abbondantemente come tutte le Sue creature. Così dovete essere voi, che vi amiate l’un l’altro e vi rispettiate l’un l’altro e vi aiutiate nel caso del bisogno l’uno verso l’altro, affinché l’uno possa usare bontà nei confronti del suo prossimo” Così come sono Io!».

Shabbat shalom

Rav Alberto Sermoneta

×