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- Parashat Itrò -

Venezia Ebraica - Jewish Venice
- A cura di Rav Alberto Sermoneta -

Con il racconto della Promulgazione del Decalogo, contenuto in questa parashà, i figli di Israele si accingono definitivamente a stipulare un patto, un’alleanza fra loro e D-o e a diventare popolo.
Tale intimo accordo li porterà ad essere considerati dal Signore stesso mamlechet kohanim ve goi qadosh, “reame di sacerdoti e popolo santo” a condizione che esso sia sempre rispettato.

Nel corso dei secoli questo connubio è costato caro al popolo ebraico, all’insegna delle persecuzioni, da parte di tanti altri popoli, contemporanei e posteriori alla sua nascita, che hanno usato il termine “popolo eletto” per denigrare sempre di più il nostro operato e per apportare stragi e dolori.

La Torà non è la Legge, come definita erroneamente, ma il libro dell’insegnamento delle esperienze umane, che fonda i suoi principi sulla libertà e sull’uguaglianza di ogni essere umano, riluttando ogni forma di sottomissione fra simili e ogni forma di schiavitù e servilismo.

La prima parte della parashàt Itrò, da cui la stessa prende il nome, è dedicata, cosa assai rara per la Torà, ad un goi, anzi ad un pagano – Itrò, il quale dopo essersi acculturato sulla verità e l’esistenza delle varie divinità, accetta, secondo l’interpretazione del midrash, le tradizioni del neo popolo ebraico, in quanto rappresentante della volontà dell’unico D-o.

La qabbalat ha Torà, che farà il popolo di Israele alle pendici del Monte Sinai, deve essere l’insegnamento a tutti i popoli della volontà di servire il Signore, attraverso soprattutto il rispetto del prossimo e per tutto ciò che vive intorno all’uomo, così facendo si da una prova di amore verso D-o e ciò che Egli ha creato.

La parashà termina con l’assicurazione divina al popolo, che gli garantisce una eterna assistenza e protezione, in cambio soltanto di una cosa: quella di ricordarsi di Lui in ogni momento della nostra vita: «bekhol ha maqom asher azkir et shemì avò elekha u verakhtikha» – «in ogni luogo in cui permetterò di ricordare il mio Nome, verrò de te e ti benedirò». Ovvero, sappi che nel momento in cui pronuncerai il mio Nome (ti rivolgerai a Me in preghiera per chiedermi tutto ciò di cui hai bisogno, in un luogo idoneo) ti proteggerò ed esaudirò le tue richieste, a condizione però, che anche tu ti ricordi di me in ogni momento, osservando i precetti e rendendoti disponibile di aiutare coloro che hanno bisogno.

 

Shabbat shalom,

 

Rav Alberto Sermoneta 

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