«Barukh attà ba ir u barukh attà ba saddè barukh attà be voekha u barukh attà be tzetekha»
«Benedetto sii tu nella città, benedetto sii tu nella campagna, benedetto sii tu nel tuo entrare e benedetto sii tu nel tuo uscire».
Così si concludono le berakhot, che il Signore invia al popolo quando esso si comporta secondo ciò che viene comandato dalla Torà.
Le berakhot precedono le qelalot – le maledizioni che vengono mandate invece, nel caso in cui il popolo non segua le regole della Torà.
Leggendo ciò, potremmo sostenere che il Signore Iddio si comporta come un semplice e banale esattore: se paghi bene, altrimenti verrai punito. Leggendo però attentamente anche i commenti, ci accorgiamo che la cosa sia nel caso positivo che negativo, ha motivi ben più profondi.
La Torà comanda delle regole fondamentali per l’esistenza degna e dignitosa sul Paese e il comportamento verso i popoli che confinano con esso. Sono regole severe e rigide, che debbono fare di un insieme di gente, un popolo e, nel nostro caso, il popolo di Israele che è guardato da tutti con circospezione.
Quando Bilam fu chiamato dal re Balaq per maledire Israele, il Signore D-o nell’ ammonirlo, disse a lui di non maledire il popolo, «Ki barukh hu» – «Poiché è un popolo benedetto!».
Il popolo ebraico è potenzialmente un popolo benedetto, secondo la promessa che D-o fece ad Abramo, nel momento in cui gli comandò di andarsene dal proprio paese, dicendo: «Vehjé berakhà» – «Sarai benedizione».
Il popolo ebraico gode della promessa eterna di D-o di mantenersi sempre un popolo benedetto.
Nulla di malefico potrà avere effetto su di esso.
Le qelalot quindi possono definirsi un ammonimento da parte divina a comportarsi sempre nel migliore dei modi, per meritare la permanenza sulla Terra di Israele, nelle migliori condizioni di vita possibili.
Rav Alberto Sermoneta