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parashat lech lechà

Venezia Ebraica - Jewish Venice
A cura di Rav Alberto Sermoneta

Un insegnamento del Rabbino Ben Ish Chaii (Yosef Chaiim di Bagdad 1835 -1909)
 
Nella sua opera di commento alla Torà, ci fa notare una sottile differenza, fra una espressione talmudica e una dello Zohar. Nel Talmud, quando si vuole commentare o spiegare una halakhà, troviamo l’espressione in aramaico “ta shemà – vieni e ascolta”; nello Zohar invece per la stessa motivazione, viene detto “ta chazé – vieni e guarda”.
 
Egli insegna che i chakhamim del Talmud in Babilonia, non scrivevano le proprie discussioni e le conseguenti halakhot (questo è uno dei motivi per cui è conosciuto come Torà orale), le discutevano oralmente; mentre lo Zohar, secondo la tradizione rabbinica fu scritto interamente. Per questo motivo per l’uno si adopera il verbo ascoltare, per l’altro il verbo vedere, perché è possibile leggere l’interpretazione scritta.
 
Nella parashà di Lekh lekhà, la Torà ci presenta colui che sarà il cardine dell’ebraismo; colui che, pur vivendo in mezzo ad una società pagana, una famiglia di pagani, ebbe la sensazione che il mondo e tutto l’universo fossero creati da un unico essere superiore: Avraham.
 
L’ordine che egli riceve dal Signore, suona con le parole:
“Lekh lekhà me artzekhà u mi moladtekhà u mi bet avikha El ha aretz Asher arekka – Vattene per te (per il tuo bene) dalla tua nazione, dal paese dove sei nato, dalla casa di tuo padre verso la Terra che ti indicherò” (ti mostrerò), ossia la futura Eretz Israel. Ad Abramo viene impartito un duplice comandamento, ossia: abbandonare il passato per andare verso una vita futura.
 

Se per le tre espressioni che richiamano il suo passato, viene usata una espressione vocale “Lekh lekhà….” per la parte del futuro l’espressione “arekka – ti farò vedere” garantisce la visibilità.
Il Rabbino Ben Ish Chaii, nel commentare l’espressione talmudica “ta shemà – vieni e ascolta” sottolinea che i chakhamim del Talmud, vivono e si esprimono dalla diaspora che denota mancanza di sicurezza ma soprattutto di garanzia visibile. Viceversa, i chakhamim dello Zohar che sono vissuti in Israele, hanno goduto di tutte le garanzie di cui ha bisogno un ebreo, fra cui la visione della realtà.
Abramo lascia la diaspora dove non c’è sicurezza per un ebreo e si dispone ad entrare nella Terra di Israele dove avrà la garanzia di un futuro per lui e per tutta la sua discendenza.

In un momento così buio per il nostro popolo, una garanzia che proviene direttamente dal Signore D-o non può che darci almeno un barlume di speranza. Nella nostra parashà troviamo un brano che va sotto il nome di “berit ben ha betarim – patto fra le divisioni” in cui D-o garantisce ad Abramo che darà ai suoi discendenti la terra di Israele come retaggio eterno.

I Patti stipulati dal Signore D-o, non sono come quelli degli uomini, ma si mantengono nell’eternità.

Shabbat shalom,

 

Rav Alberto Sermoneta 

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