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PARASHOT NITZAVIM-VAYELECH

Venezia Ebraica - Jewish Venice
A cura di Rav Alberto Sermoneta

«Attem nitzavim ha jom cullekhem […] rashekhem shivtekhem ziqnekhem Ve shoterekhem […] tappekhem neshekhem Ve gherekhà Asher bè qerev machanekha me chotev ‘etzekha ‘ad shoev memekha».

«Voi siete tutti qui oggi […] i vostri capi, le vostre tribù i vostri anziani, i vostri funzionari […] i vostri pargoli, le vostre mogli e il vostro straniero che si trova in mezzo al vostro accampamento da chi taglia la legna a chi attinge ai pozzi».

È un inizio molto particolare per una parashà.
Moshè, dopo aver pronunciato parole dure di maledizione verso chi non segue le mitzwot, si accorge che il popolo rimane attonito dinnanzi a tanta durezza; Moshè quindi li rassicura dicendo che, nonostante ciò, tutti saranno in grado di superare le situazioni difficili e rimanere in vita, senza alcuna distinzione di posizione né di grado sociale.
 
Tutto ciò grazie ad un elemento molto forte che il popolo ha: la teshuvà.
 
«Va hashevotà El levavekha»«E lo porrai sul tuo cuore» ognuno ha il dovere di imprimere nel proprio cuore le parole della Torà per comportarsi nel corso della propria vita. Secondo alcuni commentatori la parola “va ashevotà” ha come radice proprio il termine teshuvà; ossia: la teshuvà è qualcosa che si fa col cuore e non a parole. Soltanto dopo aver ricreato col nostro prossimo una situazione armoniosa e, soprattutto rispettosa possiamo essere sicuri che il Signore ha gradito il nostro operato.
 
Questo è l’ultimo Shabbat prima del grande giorno chiamato Iom ha Din il Giorno in cui il Signore giudica tutto il popolo nel più profondo del suo interiore.
 
Chi non ha paura del giudizio divino?
 
Noi ebrei sappiamo come affrontare tutto ciò e ci prepariamo, sicuri che attraverso una onesta e veritiera teshuvà, saremo perdonati. 

Shabbat Shalom

 

Rav Alberto Sermoneta 

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